Il rapporto tra madre e figlia è un rapporto difficile poiché entrano in gioco più livelli; i conflitti possono assumere sfumature molto intense e dolorose e la separazione, indispensabile per il raggiungimento di una autonomia psicologica, può risultare molto difficile.
Nel rapporto tra madre e figlia vi è la ricerca del nucleo della propria identità femminile e, un giorno, anche il modello della madre che si diventerà.
Molte donne, una volta scoperto di aspettare un bambino mi chiedono:
“Come potrò diventare una buona madre, una madre dolce se il rapporto con la mia di mamma è stato così difficile? Se lei per prima, con me, non è mai stata affettuosa?“
“Che madre sarò io, se un modello di maternità non l’ho mai avuto?”
La riflessione su se stessi ed un percorso con uno psicologo può aiutare a trovare le risposte a queste domande affinché ogni donna possa costruire il proprio modo, assolutamente autentico e speciale, di vivere l’esperienza della maternità.
C’è anche un’altra cosa che aiuta molto: ascoltare chi ce l’ha fatta, chi -di fronte a problematiche simili- è riuscita a trasformare in capolavori le proprie ferite emotive.
Una sera di maggio, per puro caso, mi ritrovo a scoprire Giovanna Libera Nuvoletti, in una intervista televisiva. Rimango incollata allo schermo, ne seguo ogni singola parola, emozionandomi profondamente. Lei, figlia di una madre lontana e distante, Adriana Pellegrini. Dea irraggiungibile, profondamente intelligente, ma che mai la prese in braccio e che alla fine lasciò questo mondo scegliendo di togliersi la vita dopo il divorzio dal conte Giovanni Nuvoletti, famoso scrittore, attore e -dopo la fine della relazione con Adriana- marito della sorella di Gianni Agnelli.
Giovanna, oggi giornalista, fotografa e direttrice de La Rivista Intelligente, sopravvive a tutto. Alle mancanze, al suicidio materno, alle fatiche. Diventa madre di tre figli, nonna di nove nipoti. Donna, piena di amore e di slanci vitali.
Mi rimangono dentro molte domande e così decido di contattarla. Questa intervista è per me, per voi. Per tutte le mamme e le figlie, in onore di questa intensa e faticosa relazione. Fatta di carne, di cuore. Di amore e dolore.
“QUELLO CHE NON MI E’ STATO INSEGNATO LO INVENTERÒ. QUELLO CHE NON MI E’ STATO DATO LO DARÒ”
1)“Quello che non mi è stato insegnato lo inventerò. Quello che non mi è stato dato lo darò”: questa sua bellissima frase, in una recente intervista televisiva, mi ha molto colpito Giovanna. Che cosa non ha ricevuto nella sua vita? E che cosa ha creato da sé?
La sensazione da cui sono partita era che mi era mancato l’amore. Ma sbagliavo, mancava il modo di comunicarlo. Io ho dato quello che non ho mai ricevuto. Ma in realtà mia madre mi amava, credo. Spero
2) Come descriverebbe la sua infanzia? E sua madre?
Infanzia solitaria. Interessante, ricca di stimoli estetici e culturali. Diversa da ogni altra infanzia io abbia percepito. Quindi non paragonabile, non ho gli strumenti. Mia madre era meravigliosa e terribile – ma mi ha fatta lei, così. Era diversa.
3) Lei si è descritta come una bambina brava, intelligente, assolutamente adeguata a quello che il mondo circostante, probabilmente, si aspettava. Eppure penso al suo secondo nome, Libera. Secondo lei, questo suo essere brava ha sottratto energia alla parte più autentica, vera, ribelle e quindi libera della sua essenza?
Il nome Libera me l’ha dato LEI stessa. Ero educata ma strana e lontana. Ma la mia libertà me la sono poi presa tutta, con errori e grandezze. Non mi sono mai piegata agli stereotipi. Forse non potevo, o forse ero troppo orgogliosa.
4) Cosa le ha tolto sua madre?
Adriana mi ha tolto se stessa. Il muro luminoso dell’amore. Mi ha anche tolto me. Il suo suicidio ha ucciso per molti anni i miei progetti di vita. Non mi sono mai raggiunta
5) Ci sono momenti, durante lo sviluppo psicologico infantile, in cui una bambina desidera essere come sua madre. Le è capitato?
La ammiravo come una dea, ma non volevo essere come lei. Io ero più razionale. Più mite. Più sottile. Non svettavo sul cielo, ma avevo i miei sogni, spezzati, di diventare una scienziata
6) Nelle relazioni più significative è normale provare sentimenti ambivalenti ovvero emozioni contrastanti per la stessa persona proprio perché ha un grande potere su di noi. Chi amiamo ha il potere di renderci anche felici o tristi. Lei si è mai concessa di esprimere apertamente a sua madre tutte le emozioni scomode che le suscitava? E’ emersa la conflittualità adolescenziale?
Non si parlava molto con lei. Ma qualche scontro l’abbiamo avuto. Non servì, lei era già nella spirale che l’avrebbe portata a uccidersi
7) Dal mio punto di vista, terapeuta della psiche, la possibilità di accedere al desiderio di avere un figlio è data anche dal recupero dalla figura materna che abbiamo interiorizzato, quella dei nostri primi mesi di vita che con il suo modello di cura ha influenzato la nostra memoria preverbale. Come si sopravvive ad una madre anaffettiva- come lei l’ha descritta- preservando un atteggiamento affettuoso e lasciando spazio ad un desiderio (nel suo caso triplo ) di maternità?
Non so. Io ero così felice di essere incinta. Mi svegliavo e pensavo: ho la vita in me. Era bello per il corpo e la mente. Avere un figlio mi piaceva, e basta. Senza una ragione. Mi faceva splendere di forza e tenacia. Ho allattato, era bello. Tenerli in braccio: piacere fisico senza fine. Non credo mia madre fosse davvero anaffettiva. Forse tenendomi in braccio mi trasmise luce e speranza – aveva 20 anni . Non giudicatela.
8) Dice di essere diventata la madre di se stessa. Come ci è riuscita? A quali risorse ha fatto appello?
Ho ragionato molto per molti anni. Ho avuto anche una psicoterapeuta che capiva e sapeva, senza smancerie o intellettualismi. Io sono forte, mi sono data ciò di cui avevo bisogno dandolo ai miei figli.
9) In una bellissima poesia lei descrive sua madre “di niente”, “crudele”. Una madre così come le ha presentificato il mondo maschile nel suo immaginario?
Mia madre è di niente nella poesia solo all’inizio – lei è la presenza di luce di cui son quasi certa, alla fine. Il mondo maschile? Mah, mezze calze. Incomprensibili, irrazionali, spinti da pulsioni. Boh, anche attraenti. Ma col mondo in generale eravamo accumunate dalla certezza che molti (e molte) intorno a noi fossero imbecilli. Lo penso ancora, ma più gentilmente
10) Ritrova qualcosa di sua madre in se stessa? In cosa vi somigliate e in cosa siete diverse?
Coraggio, orgoglio, onore. Schiena dritta. Diverse? Io sono lucida.
11) Giovanna lei ha 3 figli. Come ha vissuto le sue gravidanze e i suoi parti? E il periodo del dopo parto è stato faticoso?
Gravidanze felici, e parti con gioia, coraggio, forza. Dopo parto fatica fisica. Allattare era impegnativo, non avevo molto latte. Ma ci tenevo.
12) Il diventare madre l’ha aiutata in qualche modo a comprendere di più sua madre?
Comprenderla? Impossibile. Lei era intelligenza e bellezza. I sentimenti erano nascosti.
13) La famosa psicoanalista Bydlowski sostiene che la capacità di trasmettere felicità di essere madre proprio di una figlia femmina permette di valorizzare la femminilità che consoliderà la bambina e le assicurerà la gioia dell’essere al mondo e di essere del suo stesso sesso. Come è andata per lei? Come si vedeva negli occhi di sua madre? Si è sentita vista, riconosciuta?
Non lo so. Mi trovava bella e brava. Non so non so. Ho una figlia che è molto forte e generosa e anche una madre perfetta. Ha molta dignità e autostima. Le sto accanto e la aiuto. Come aiuto anche i due maschi. Ma non sono invadente. Mai.
14) Alice Miller sostiene che in una infanzia difficile è fondamentale che un bambino possa incontrare un testimone soccorrevole ovvero un adulto capace di vederlo davvero, cogliere la sua sofferenza. Lei ha incontrato un adulto così?
Mai. Me.
15) Che madre è stata lei? E come nonna? Cosa penserebbe sua madre di lei, oggi, se potesse vederla?
Io sono stata madre affettuosa, presente, non invadente. Quando dicevo un no – qualche volta accadeva – non cambiavo idea. Non ho mai mentito. Credo di aver dato esempio di lealtà e limpidezza. Non so cosa penserebbe di me Adriana. Ma credo buone cose. Sarebbe colpita perché sono una brava scrittrice. Forse più di quanto lei abbia mai immaginato. Anche se ero tanto brava a scuola. Come nonna sono attenta, dolce, perché non è a me che spetta dire di no. Non sono invadente, a volte vorrei esserlo
16) Crede che il rapporto con sua madre abbia influenzato in qualche modo la relazione che ha costruito con i suoi figli?
E’ che loro non avevano la nonna, è che io non parlavo mai di lei. Questo era il buco
17) Qual è il compito più difficile di una madre?
Pensare ai figli, alla loro libertà e autonomia. Lasciarli andare. Ma, prima, tu sei l’esempio. Quindi farsi stimare, per avere figli che stimino se stessi.
18) Cosa si guadagna nel diventare madre?
Il senso della vita, del dovere, della gioia
19) Cosa vuol dire perdonare? Lei ci è mai riuscita? Se si, come?
Con mia madre ho fatto una specie di pace. Su mio padre devo ancora capire cosa intendeva quando mi disse “perdonami”. Devo finire di scoprire il male che ha fatto.
20) La sua frase e il suo libro del cuore?
“lo so, debbo riperderti e non posso” – Montale, credo i Mottetti.
Libri due: da ragazza, il Tonio Kroeger di Thomas Mann. Mi sono identificata. Dopo, tutta Emily Dickinson. Ne ho tradotto 177 poesie, in continua illuminazione
21) La sua paura più grande?
Non so. Una volta era finire per ammazzarmi come mia madre. Ora ho 73 anni. Non so di cosa ho paura. Molte cose, il non amore che è il buio.
22) Quale il ricordo, l’immagine o il pensiero che nella vita hanno funzionato da “salvagenti” per rimanere a galla nei momenti più duri?
I figli. I figli. La bellezza dell’universo. Le cose, le case, la gente che vive. Le strade della città piene di speranze e sogni. Ma anche cucinare. Piccola grande cosa materiale che esprime amore, cultura, natura, armonia.
L’intervista televisiva grazie alla quale ho scoperto Giovanna è al minuto 26.21 del programma televisivo “Tutti salvi per amore” clicca qui per riascoltarla